Nel cuore del centro storico napoletano, tra le stanze della Basilica di Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta, esiste un percorso buio che si insinua tra i cunicoli della mente, illuminato da supernove di talento. E’ il museo della follia, mostra curata da Vittorio Sgarbi. Il percorso si dipana attraverso un viaggio introspettivo, in cui il visitatore è costretto a fare i conti con le pieghe più nascoste della propria psiche, dove il buio la fa da padrone ma è la stessa oscurità che evidenzia la luce della propria anima.
La mostra, a Napoli fino al 27 Maggio, inizia con la voce di Alda Merini, testimone degli orrori perpetrati ai suoi danni negli ospedali psichiatrici che la videro internata. Subito dopo la certezza dell’inizio, l’ospite si smarrirà tra le varie sezioni e le oltre 200 opere rappresentate, tutte aventi come unico filo conduttore, la follia.
Tra i tanti artisti esposti: Francis Bacon, Vincenzo Gemito, Francisco Goya, Antonio Ligabue, Antonio Mancini, Fausto Pirandello, tutti accomunati da un turbamento della psiche che ha dato vita ad un’arte raffinata e visionaria. Uniti gli uni con gli altri da una soluzione dell’enigma della vita molto più semplice ma proprio per questo definita errata. La diversità che agli occhi del mondo risulta pericolosa e inferiore, nella basilica di Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta si esalta nella sua cruenta dimensione fino a raggiungere un palcoscenico aulico. Non solo opere, il museo della follia è anche testimone di un tempo che fu attraverso oggetti, foto, voci, reperti clinici di ciò che accadeva nei manicomi. Un tempo in cui l’arte era l’anestetico alle terapie invasive, lo strumento di liberazione mentale che spogliava dalle camicie di forza, dalle stanze buie, per regalare un piccolo grande spazio nel giardino della terra.
La mostra non si prefigge di raccontare solamente il talento disceso da uno stato di sofferenza psicologica, ma anche la follia generata negli altri dalla mano di un artista o meglio ancora nel caso in questione dal piede, visto che una sezione del museo è dedicata al “pibe de oro”, Diego Armando Maradona, lo scugnizzo venuto dal sud del mondo, dalla terra del tango che grazie ai suoi dribbling e al piede sinistro sovraumano è stato capace di rendere folli tutti i tifosi di calcio napoletani.
Al termine del cammino, il viaggiatore acquisirà la consapevolezza che a differenza delle più disparate mostre, il museo della follia non ha una fine e se ne accorgerà quando ormai fuori dalla Basilica, incomincerà a vedere ciò che la mente non vuole sapere.
“Chi ha giuste intuizioni in mezzo a cervelli confusi si trova come uno che abbia un orologio che funziona in una città dove tutti i campanili hanno orologi che vanno male. Lui solo conosce l’ora esatta, ma a che gli giova? Tutti si regolano secondo gli orologi della città che indicano l’ora sbagliata, persino chi è al corrente che solo il suo orologio segna l’ora giusta.” A. Schopenhauer