Il caffè “napoletano”

Ah, che bellu cafè,
Sulo a Napule 'o sanno fa'
E nisciuno se spiega pecché
è 'na vera specialità!

L’oro nero di Napoli: ‘o cafè

Napoli, come ben espresso da Modugno – Pazzaglia nella canzone “‘ O cafè”, è divenuta negli anni la patria di questa bevanda dagli effetti miracolosi. Ma in realtà…

DOVE E’ NATO IL CAFFE’?

Esistono molte leggende sull’origine del caffè. Ciò che con sicurezza possiamo affermare è che il caffè sebbene associato alla città di Napoli, proviene da un luogo molto distante da Partenope. Tra le varie novelle, la più conosciuta parla di un pastore chiamato Kaldi che portava a pascolare le capre in Etiopia. Un giorno queste incontrando una pianta di caffè cominciarono a mangiarne le bacche e a masticarne le foglie. Arrivata la notte, le capre, anziché dormire, si misero a vagabondare con energia e vivacità mai espressa fino ad allora. Vedendo questo, il pastore ne individuò la ragione e abbrustolì i semi della pianta come quelli mangiati dal suo gregge, poi li macinò e ne fece un’infusione, ottenendo il caffè. Infatti, la prima specie utilizzata fu proprio la Coffea arabica, pianta originaria dell’Etiopia.
Alcuni, invece, affermano che il migliore caffè era quello proveniente dalla città di Mocha nello Yemen che di conseguenza divenne il luogo originario della pianta del caffè.
Etimologicamente, la parola italiana caffè ha origine dal turco kahve che a sua volta deriva dall’arabo qahwa.

E IN ITALIA?

Per i rapporti commerciali con il medio oriente, Venezia fu la prima città italiana a far uso del caffè, infatti la prima bottega di caffè in Italia fu aperta proprio nella Serenissima nel 1645. Dopo soli cinque anni il caffè arrivò a Londra con l’apertura dei primi “coffeehouse” per poi espandersi rapidamente in tutta Europa e perfino negli USA, dove nel 1689 a Boston venne inaugurato il primo caffè degli Stati Uniti d’America, denominato London Coffee House. Nel Settecento ogni città d’Europa possedeva almeno un caffè.

NAPOLI E IL CAFFE’

Instagram: @gennarocalvano

Ed eccoci giunti a Napoli, città italiana a maggior consumo di caffè. Luogo in cui il rito del caffè, negli anni, è divenuto un vero e proprio culto, narrato da commediografi e letterati. Celebre la scena di “Questi fantasmi” in cui Eduardo De Filippo rivolgendosi al suo dirimpettaio, il prof. Santanna, sentenzia:

“A noialtri  napoletani, toglierci questo poco di sfogo fuori al balcone… Io, per  esempio, a tutto rinunzierei tranne a questa tazzina di caffè, presa  tranquillamente qua, fuori al balcone, dopo quell’oretta di sonno che  uno si è fatta dopo mangiato…”

Questi fantasmi

“Jammece a piglià ‘o cafè” espressione dialettale entrata nel modus vivendi di ogni napoletano, frase che più di ogni altra esprime l’importanza di questo “oro nero”. Per i napoletani il caffè non è solo una bevanda bensì un mezzo per incontrare un amico che non vedi da tanto tempo, uno strumento per invitare informalmente ad uscire una persona che ti piace e perché no, il trait d’union tra colleghi durante le pause di lavoro. Ma la narrazione che più mi affascina è stata attribuita a Luciano de Crescenzo, il quale oltre a raccontare l’abitudine solidale del caffè sospeso, cioè la tradizione napoletana attraverso la quale un avventore entrava in un bar di Napoli e pagava due caffè uno per se stesso ed un altro per una persona bisognosa, ha definito il caffè:

” Il caffè è una scusa . Una scusa per dire a un amico che gli vuoi bene.”

MA QUANDO ARRIVA IL CAFFE’ A NAPOLI?

A Napoli, il caffè venne scoperto grazie a Maria carolina d’Asburgo-Lorena moglie di Ferdinando di Borbone dal 1768, la quale portò a Napoli questa usanza già presente a Vienna.
Ma la diffusione radicale in città avvenne nel 1819 grazie all’invenzione della cuccumella ad opera del francese Morize. La cuccumella consentì la preparazione domestica, soppiantata poi nel Novecento dalla moka ideata nel 1933 da Alfonso Bialetti.

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