Uno striscione apparso di fronte la questura di Napoli nell’ottobre del 2016 diede il benvenuto ai primi profughi giunti in città. Tragedia e morte, fame e disperazione, il dramma che non vede mai la fine.
Tendere la mano verso chi vive una condizione di difficoltà è la base del sentimento di humanitas, elemento costitutivo della rete sociale sulla quale dovrebbe fondarsi ogni comunità. Negli ultimi mesi, Napoli celebra questa rete rafforzandosi come società dell’accoglienza. Migliaia di migranti hanno trovato rifugio nella città di Parthenope e nel suo meraviglioso popolo che numeroso è accorso ad aiutare profughi provenienti, via mare, dall’altra parte del globo. Una comunità sempre pronta ad assistere chi è in difficoltà ma forse meno a combattere quelle diversità humus di conflitti interni.
L’accoglienza può servire a gestire l’emergenza, ma per risolvere l’immane tragedia che intere popolazioni vivono sulla propria pelle, bisogna far riferimento ad un concetto delle scienze sociali ultimamente trascurato: l’integrazione.
L’insieme dei processi sociali e culturali che rendono l’individuo membro di una società; condivisione e rispetto di tutte le regole che la comunità impone.
Passeggiando per Napoli, leggendo di Napoli, scrivendo di Napoli, non possiamo far a meno di notare le diversità culturali e sociali esistenti tra i medesimi cittadini che fanno si che una città come la nostra si componga di più città differenti tra loro.
Gli spari alla Sanità, piazze di spaccio gestite da bambini, l’alto tasso di astensionismo scolastico, la forte emulazione dei boss camorristici, tutti indicatori di una scarsa capacità di ogni individuo di integrarsi, di evolversi, di socializzare con l’ambiente circostante. Dall’altro lato invece intere famiglie della borghesia cittadina si tramandano di padre in figlio i posti di potere, isolando la propria casta dalla civitas circostante. Ed è così che negli anni la politica non è riuscita ad appianare le disuguaglianze sociali che covano nel capoluogo. Il tempo scorre in fretta senza fornire soluzioni, cosicché alle disuguaglianze cittadine si sommano quelle importate da diversità culturali e sociali che di per sé potrebbero fornire un bagaglio di risorse dal quale attingere ma in realtà contribuiranno ad acuire le differenze della nostra comunità, di conseguenza un tessuto sociale per sua natura frastagliato non riuscirà a fornire risposte concrete al fenomeno dell’immigrazione ma, ad oggi, la sensibilità umana della cittadinanza se non accompagnata da una politica dell’accoglienza, dell’integrazione, della cooperazione internazionale, non riuscirà ad evitare il trapasso della città dell’accoglienza nella città parcheggio.
