Scampia: il quartiere ghetto un problema sociale

Nate nel quartiere di Scampia tra il 1962 e il 1975, ad opera dell’architetto Franz Di Salvo, le Vele facevano parte di un progetto di edilizia popolare con ampie zone verdi ed unità abitative che avrebbero dovuto favorire lo sviluppo delle periferie. Il progetto iniziale subì la prima trasformazione nel 1980, anno del terribile terremoto in Irpinia, che portò numerose famiglie rimaste senza una casa ad occupare più o meno abusivamente quelle nuove abitazioni. Inoltre, l’assenza totale dello stato, basti pensare che il primo commissariato di polizia si insediò nel 1987 quindici anni dopo la consegna dei primi alloggi, rese quei territori zone di droga e di spaccio, così Scampia venne trasformata dai clan camorristici in un grande market della droga.
Col
passare del tempo la situazione divenne insostenibile, ci furono numerose manifestazioni e mobilitazioni da parte del popolo che si ribellava a quella situazione di degrado. Agli inizi degli anni 90 tramontava un sogno, quello dello sviluppo popolare e nasceva un simbolo, quello del degrado e della criminalità. Le strutture di Di Salvo divennero fortini dei clan camorristici che traevano le maggiori ricchezze dalla vendita della droga. Per tali ragioni tra la fine degli anni 90 e gli inizi del 2000 furono abbattute tre delle sette vele esistenti. Nel 2006 esce il libro di Roberto Saviano, Gomorra, che consacra quei luoghi al cospetto del grande pubblico internazionale. Il progetto di demolizione delle vele continua, infatti la giunta De Magistris il 3 marzo 2017 approva lo stanziamento  dei fondi per l’abbattimento di tre delle quattro vele restanti. Entro la fine di maggio di quest’anno,  le prime famiglie verranno trasferite nello stesso quartiere ma  in alloggi di nuova costruzione dotati di bagni, riscaldamenti, stanze luminose, situate in un complesso con negozi e aree verdi. Per il simbolo della delinquenza sembrerebbe non esserci più speranza, ma la storia di Scampia ci insegna che dare un alloggio al cittadino non basta a far sì che questo si insedi nella società circostante in maniera civile. Il degrado, lo sviluppo della criminalità nei luoghi delle Vele, prende corpo da una assenza dello Stato.
Di conseguenza oltre al tetto sotto il quale vivere, bisogna fornire alle famiglie in questione delle regole, dei servizi e l’assistenza necessaria affinché riescano ad integrarsi. Anni di ghettizzazione non cadranno assieme agli edifici se le classi dirigenti non percorreranno la strada più ardua, cioè favorire l’integrazione sociale. 

velescampia

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